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Fino agli anni sessanta del secolo scorso Piero Ghiglione era l'alpinista che aveva al suo attivo il maggior numero di ascensioni in ogni parte del mondo. Appassionato dello sci in cui era campione, si avvicinò all'arrampicata a trent'anni suonati, un'età in cui molti già appendono la corda al chiodo, salendo per scommessa il monte Kazbek nel Caucaso. Da allora fu impossibile fermarlo: viaggiò con vero spirito da esploratore fino agli angoli più selvaggi dei cinque continenti, diventando una figura quasi leggendaria. Primo italiano a salire a quota 7000 metri, era amico dei più importanti alpinisti mondiali dell'epoca in cui visse, quella del Fascismo, a cui non fu ostile. Era nato nel 1883 e nonostante l'aspetto esile era resistentissimo: leggero e agile superava ogni difficoltà su roccia o ghiaccio. Trovò la morte a 77 anni nei dintorni di Trento dove era ospite del Festival, per un banale incidente d'auto; un destino beffardo toccato anche ad altri grandi personaggi. Il suo ricordo purtroppo rimase legato quasi esclusivamente a una tragedia che offuscò la sua eccezionale carriera alpinistica: nel 1954, un mese prima che gli italiani conquistassero il K2, Piero Ghiglione aveva visto morire tutti i compagni della sua spedizione sul Monte Api, nel Nepal occidentale. Un episodio tra i più drammatici nella storia dell'alpinismo, che viene ricostruito in questo libro in ogni suo dettaglio.